Shy Marilyn

Da Io Donna di ieri, intervista a Michelle Williams, a proposito della timidezza:

Sono migliorata negli ultimi anni! Mi sono detta: “sono fatta così” e ho deciso che invece di combattere la mia natura è molto meglio accettarla. Sono timida. E allora? Che cosa posso farci? Certo, è stato un problema, in passato: è capitato che non avessi il coraggio di fare certe domande o di proporre un’idea, ma adesso, a 31 anni, sto facendo progressi. E ho deciso che non devo cambiare più di tanto, a patto che la timidezza non interferisca seriamente con la mia vita, con la mia felicità e con mia figlia.

Mi sono rispecchiata quasi totalmente nelle sue parole…

Il peso delle cose – parte seconda

Ultimamente sto pensando sempre più spesso al cosiddetto declutter, vedere infatti troppi oggetti inutilizzati in casa mi irrita, aprire l’armadio e constatare di avere vestiti accatastati uno sull’altro di cui non ricordavo l’esistenza e che magari non ho neppure mai messo, mi fa venire l’ansia. Negli ultimi anni, da quando ho traslocato, ho cercato di non accumulare troppa roba, ma se mi guardo in giro mi rendo conto di avere comunque comprato e/o ereditato troppo ciarpame. E così mi viene in mente quello che avevo scritto ormai 5 anni fa qui https://vbucci77.wordpress.com/2007/01/16/il-peso-delle-cose quando probabilmente di declutter/downshifting/decrescita non avevo neppure sentito parlare, ma l’idea di essere più minimale nei consumi, e più in generale nello stile di vita, già mi frullava in testa. Purtroppo se devo fare un bilancio non credo di essere stata molto virtuosa, soprattutto per quanto riguarda i vestiti, ho fatto tanti acquisti avventati, sull’onda dell’entusiasmo da saldi soprattutto. Ieri (dopo essermi imbattuta su Sette in un articolo sul downshifting) mi sono spulciata avida, e in preda ai sensi di colpa, un bel blog scoperto grazie al provvidenziale Baby Green http://www.babygreen.it/2012/02/weekend-links_25.html chiedendomi se mai sarei riuscita a fare a meno dell’80% del mio guardaroba http://www.theminimalistmom.com/2010/09/20/the-great-declutter-goodbye-wardrobe-goodbye/ Certo che potrei, se fossi costretta, ma so che non avrei mai il coraggio di prendere l’iniziativa da sola.
E oggi leggendo Vanity Fair inciampo di nuovo sull’argomento grazie a un articolo di Manuela Dviri su una stilista israeliana che, pur confezionando abiti molto colorati, veste solo di nero e ha un armadio super essenziale: “Comprare montagne di vestiti di cattiva qualità, riempire l’armadio di ciò che non ci serve è come riempirsi lo stomaco di junk food che ci fa solo male. Il mio armadio ha un’unica anta, e lì i miei vestiti ci stanno tutti, belli comodi. E io mi sento libera. Sana. Pulita. Bella. Sento di rispettare me stessa e il mio corpo.” E ancora: “Non sono ossessionata dalla frugalità, non sono un’integralista dell’essenziale, ma credo nella necessità di creare un ordine interno, un nucleo centrale del proprio guardaroba con il quale rapportarsi. […] Non tutto quello che ci piace ce lo dobbiamo portare a casa… Possiamo godercelo anche se appartiene ad altri”. Ho trovato entusiasmanti queste affermazioni, soprattutto invidio quel senso di pulizia e ordine che un armadio rigoroso può dare.

Eppure ancora mi risulta difficile staccarmi da certi oggetti. E quando ho dovuto svuotare l’armadio di mia madre ho cercato di farlo velocemente, senza rimuginarci su, mi sono portata a casa qualcosa che mi piaceva, ho lasciato qualcos’altro per ricordo nel mio vecchio armadio e il resto è finito in sacchi destinati in beneficenza. E mi ripetevo: “sono solo oggetti, non le servono più, è inutile tenere tutto qui”. Ma l’inconscio è bastardo, si sa, e io continuo a sognare mia madre che torna e non ha vestiti da mettersi, e mi sento mortificata. Perché lasciamo che gli oggetti ci definiscano più di quello che dovrebbero, perché assegniamo loro un ruolo di cruciale importanza, in vita e in morte, e invece sono solo cose, non sentimenti, emozioni, valori e idee.

Il perdono e la saggezza

Citazione letta sulla copertina del nuovo Vanity Fair:

Quando un bambino capisce che gli adulti sono imperfetti, diventa adolescente. Quando li perdona, diventa adulto. Quando perdona se stesso, diventa saggio.”

Alden Nowlan

Dashing through the snow…

Mai stata più felice di non dovere andare a lavorare…

Lost Child

Quando perdi un genitore, lo perdi da bambino anche se sei adulto. Sei Hansel o Gretel smarriti nel bosco.

Paola Predicatori (Vanity Fair n. 3/2012)

Pursuit of Happiness

Per tutta la vita ho temuto questo giorno, e pregavo Dio dicendo: “non puoi togliermela, non sono pronta”, e andavo a controllare il suo respiro con il cuore in gola, e cercavo la felicità nei suoi occhi. Ma poi le cose sono cambiate, dapprima lentamente e poi più velocemente, e dentro di me cresceva l’accettazione della sua assenza e il bisogno, l’urgenza, di liberarla dalla sofferenza. E mentre diventavo madre mi sentivo ancora più figlia in una linea matriarcale che univa i nostri cordoni ombelicali in un legame non più possessivo, perché solo mia figlia mi ha dato la forza di lasciare andare mia madre. Una forza che è solo un frammento infinitesimale di quella che lei ha sempre dimostrato, ma se il mio primo pensiero è quello di rendere felice mia figlia, allora così deve essere stato anche per lei, e l’unico modo che ho per onorarla davvero è quello di essere smodatamente felice, di cercare la felicità in modo sistematico nelle persone care e nei valori importanti, tralasciando ogni fronzolo accessorio, ogni pensiero negativo su un passato che non si può cambiare e su un presente che è cambiato così drasticamente ma che saprò accettare grazie a lei. Sempre grazie.

September storm

È settembre: tra i molti rincari da oggi anche i libri costano di più, forse perché gli italiani notoriamente leggono già troppo eh, meglio che si rivolgano tutti in massa verso la tv (e io torno esclusivamente ad usato, bookcrossing e biblioteca, senza contare i circa 200 to be read della mia libreria, ehm ehm… insomma niente più sbornie da amazon, sigh!) e poi tanto, fra poco, di tempo per leggere ne avrò mooolto meno; l’estate spara le sue ultime cartucce (anche se dal caldo di questo ultimo periodo pare difendersi ancora benone) e ogni volta che vado al mare arrancando come un bradipo spalmato di protezione 50 non riesco a non pensare che il prossimo anno la spiaggia per me sarà molto diversa; avverto ogni giorno sensazioni nuove continuando ad espandermi e comincio a fare il conto alla rovescia mentre tutti mi dicono che ormai manca poco e sì è vero, ma settembre sembrava così lontano quando in questi mesi progettavo di vivere un’estate intensissima.
E comunque sia andata la mia estate (altalenante, se proprio devo definirla, come sempre sono io, e come sempre sono i vari aspetti della mia vita che non si incastrano mai perfettamente a dovere) di sicuro so che è stata unica, speciale, dubito fortemente che in futuro ce ne sarà un’altra simile. Mi sono affidata alla provvidenza, mi sono gettata in questa bellissima avventura e sono sempre più felice di averlo fatto, tanto più che l’universo finora sembra avere ripagato questa fiducia dandomi tutto il supporto possibile, perciò cercherò fortemente di restare positiva e conservare questi sentimenti per quando arriverà davvero la tempesta perfetta.

Il mio 11 marzo

Stanotte alle 3 mi sono svegliata con la precisa sensazione di dover scrivere e le idee sembravano fluire liberamente, ma forse era solo il dormiveglia a farmele sembrare così chiare (visto che ora sono tornate ad essere il solito guazzabuglio).
Oggi sono 10 settimane che non lavoro (la data dell’11 marzo rimarrà doppiamente impressa nella mia memoria) e ancora non mi sono abituata del tutto a questo tempo libero così inaspettato. Per un po’ ho avuto la sensazione che si trattasse di ferie e sentivo ancora un legame molto forte con quelli che per 4 anni sono stati il mio ruolo e i miei doveri. Ora quella sensazione sta pian piano affievolendosi, ma non so bene da cosa sia stata rimpiazzata. Da una parte mi sembra di stare regredendo a uno stadio infantile-adolescenziale, come se durante gli ultimi anni avessi solo giocato a fare la persona adulta e ora fossi tornata a uno spensierato nido d’infanzia che più mi appartiene. Dall’altra parte ho tanta voglia di fare nuove esperienze, di imparare cose nuove, di nutrirmi di nuovi stimoli.
Ma si tratta anche, inevitabilmente, di un periodo preparatorio, in cui dentro di me sto facendo spazio all’idea di quello che succederà tra qualche mese, e ancora non credo di avere metabolizzato del tutto questa enorme novità, e insieme alla felicità c’è l’ansia, è un continuo alternarsi di gioia e preoccupazioni, eppure fondamentalmente sono molto più serena rispetto al passato e riesco a credere che quello che mi è stato fatto con cattiveria, questo allontanamento così brutale, possa rivelarsi un bellissimo regalo. E già lo sta facendo visto che sto avendo la possibilità di trascorrere molto tempo con la mia famiglia proprio in un momento in cui ne ha più bisogno, e riesco a documentarmi con calma su ciò che più mi preme ora.
E no, a chi me lo chiede rispondo sempre che non c’è noia, di emozioni ne provo tante, quasi sempre contrastanti, ma no, questa strana libertà non è mai noiosa e mi sta permettendo di andare in direzioni che per me erano sconosciute. E trovo stupefacente togliere il velo dell’ignoranza su argomenti che prima d’ora non avevo mai affrontato, e sento il cervello riattivarsi, come se certe zone fossero rimaste addormentate per troppo tempo…

Sto godendo di una calma che forse non potrò mai più sperimentare in futuro (ma chissà… in fondo l’avevo pensato anche nel 2008) e così cerco di smaltire tutti i possibili arretrati fra film, telefilm, libri, fumetti, giornali, e in realtà non è possibile arrivare a un punto zero perché con i miei interessi ho un atteggiamento troppo bulimico, seppure discontinuo, ma cerco di non farmi prendere da quella che in passato era l’ansia di vedere e leggere tutto, perché umanamente non è possibile, e quindi cerco di essere un po’ più selettiva, taglio i rami secchi senza troppi rimpianti e vado avanti senza guardarmi indietro, forse perché comincio a percepire che non ho più una distesa infinita di giorni davanti a me. E so che probabilmente certi posti non li visiterò mai, né che riuscirò a imparare quelle lingue che mi interessano, né che riuscirò a leggere davvero tutti quei libri che ho in wishlist, ma va bene così, perché mentre lascio andare qualche sogno e qualche speranza la mia vita mi riserva altrettante cose belle, e non sia mai che io non riesca a vederle solo perché rimango aggrappata testardamente a certi sogni di vecchia data.

[L’immagine allegata è tratta da un bellissimo blog di cui avrei voglia di pubblicare ogni singola immagine: http://www.snotm.com]

Il mandala della civiltà

I grandi artisti scoprono e catturano un certo tipo di bellezza; colonizzano la natura per noi, che guardiamo il mondo con occhi arricchiti dal loro discernimento. L’arte imita la natura, la natura imita l’arte; si produce un ciclo di cause ed effetti in cui restiamo coinvolti. Questa è la civiltà, un’unità simile a un mandala di uomo, natura, arte e religione, dove gli echi di ognuna di queste componenti si ripetono a differenti livelli di esistenza e di coscienza.

Giappone Mandala – Fosco Maraini

Happy Anniversary!

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